Normative

Di seguito l'elenco delle normative del settore aggiornato:

L’ANNAFFIATORE AUTOMATICO NON COMPORTA INNOVAZIONE (IMPIANTO IRRIGAZIONE)

Non si ritiene che la sostituzione di un sistema di irrigazione con tubi e spruzzatori girevoli con un impianto automatico possa costituire una vera e propria innovazione ai sensi dell’articolo 1120 del Codice civile. Ino ogni caso, anche se la si considerasse innovazione, non si potrebbe applicare al caso di specie l’articolo 1121 che, parlando di innovazioni gravose e voluttuarie, rapportate alla condizione importanza dell’edificio, consente ai condomini dissidenti di non trarre vantaggio dall’innovazione e quindi e di essere esonerati dal contributo di spesa.

Tuttavia, requisito per applicare questa norma è che l’innovazione sia suscettibili di utilizzazione separata, circostanza che non ricorre nel caso di specie.

(Tratto dal il sole 24 ore esperto risponde del 12-12-16)

ASSEMBLEA: IL PRESIDENTE DA’ L’OK ALLA REGISTRAZIONE VOCALE DELL’ASSEMBLEA

Esclusa la registrazione occulta, e cioè all’insaputa degli altri condomini, la registrazione dell’assemblea condominiale è legittima se è autorizzata. L’autorizzazione alla registrazione dell’assemblea deve essere data dal presidente, sia pure alla condizione, per esempio, che la registrazione su nastro magnetico venga allegata al verbale e trascritta al termine dell’assemblea (tribunale di bologna 25 marzo 1999, n. 596).

Rimane dubbio, in assenza di puntuali disposizioni del regolamento contrattuale, se il presidente possa discrezionalmente negare la registrazione, ma la miglior dottrina ritiene che il presidente non possa immotivatamente respingere la richiesta, stante il diritto del singolo condomino di controllare il procedimento di formazione della volontà assembleare.

(tratto dall’esperto risponde del Il Sole 24 Ore del 14-11-16)

BALCONI: I VETRI DI DIVISIONE AL 50% TRA I CONFINANTI

Salvo diversa disposizione contenuta nel regolamento condominiale contrattuale, (se esiste) e salvo che le vetrate abbiano una funzione ornamentale (nel qual caso la spesa dovrebbe essere ripartita per millesimi di proprietà, a norma dell’articolo 1123, comma 1, del codice civile), le spese dei divisori in vetro tra balconi adiacenti sono a nostro giudizio da suddividere in parti uguali tra i vari proprietari dei balconi divisi (ex articolo 1101 del  Codice civile). Il richiamato articolo 1101 dispone infatti che le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.

(tratto dall’esperto risponde del 14-11-16 del il sole 24 ore)

CHI INVIA IL VERBALE CONTENENTE LA NOMINA DEL NUOVO AMMINISTRATORE

Si ritiene che l’adempimento relativo all’invio del verbale dell’assemblea ai condomini sia compito del nuovo amministratore se ha accettato la nomina a partire dalla data dell’assemblea. A ciò si aggiunga che è molto importante che i condomini assenti all’adunanza ricevano il verbale, per peter verificare eventuali invalidità da impugnare, e che il mancato invio del verbale o un eccessivo ritardo nell’invio violerebbe un loro diritto.

LE INFILTRAZIONI DI ACQUA SORGIVA

Se le infiltrazioni risultano effettivamente addebitabili a fenomeni di acqua sorgiva, le spese per la loro eliminazione sono a carico di tutti i condomini. Infatti, per suolo su cui sorge l’edificio, con riferimento al quale l’articolo 1117, n.1, del codice civile, stabilisce una presunzione di comunione, deve intendersi quell’area in cui sono infisse le fondazioni e che si trova sotto il piano cantinato più basso (cassazione 29/09/1985 n. 3882)

LA MINI – CASA DI LEGNO NEL GIARDINO DI PROPRIETA’

A norma dell’articolo 1122 del Cc, nell’unità immobiliare di sua proprietà, o nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condominio non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni o determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Di qualsiasi opera egli deve dare, comunque, preventiva notizia all’amministratore, che ne riferisce all’assemblea. In quest’ottica, ove non crei pregiudizi alle parti comuni e in particolare al decoro dell’edificio, di cui all’articolo 1120 del Codice civile, il condominio può installare la casetta di legno nel proprio giardino.  Quanto alle autorizzazioni edilizie comunali, salve diverse disposizioni del regolamento edilizio comunale, l’intervento in questione costituisce attività libera non soggetta a permessi o ad altri titoli edilizi, sicchè il condomino è tenuto solo a darne comunicazione all’ufficio tecnico comunale.

L’intervento, infine, non comporta modifica o revisione della tabella millesimale, non sussistendo i presupposti cui fa riferimento l’articolo 69, n.2, delle disposizioni di attuazione del Codice civile, posto che non comporta alterazione per più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condominio.

(tratto dall’esperto risponde del 05-12-16 sole 24 ore)

L’AREA GIOCHI PER I BAMBINI E IL GIARDINO CONDOMINIALE

All’interno del giardino potrebbe essere inserita un’area giochi per i bambini, eventualmente con strutture non fisse, ma asportabili, che potrebbero essere anche pagate solo dai condomini che li utilizzano. Una sentenza non recente del Tribunale di Milano, infatti, riconosceva che l’utilizzazione per il gioco dei bambini di una parte assai limitata dell’area verde consortile non contrasta con la destinazione a giardino prevista, per quella stessa area, dal regolamento consortile, ma ne costituisce unicamente un migliore e e più intenso godimento per soddisfare esigenze che pure appaiano insopprimibili e, comunque, senz’altro meritevoli di tutela nella vita di un condominio ( sentenza 3 ottobre 1991). Il tutto va approvato con maggioranza semplice in assemblea.

LA CASSA PER I MOROSI RICHIEDE L’UNANIMITA’

A differenza del fondo cassa per i lavori straordinari, la cui costituzione obbligatoria per legge è deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti  in assemblea, che rappresentino almeno  la metà del valore dell’edificio, per la creazione del fondo cassa morosi, che serve a coprire le quote non versate dai condomini che fruiscono di servizi comuni, è necessario il voto unanime dei condomini proprietari.

Prima della riforma del condominio (legge 220/2012), sulla scia di alcuni pronunciamenti della Cassazione, nei casi di effettiva urgenza, anche per deliberare a favore del fondo morosi era sufficiente la maggioranza prevista dall’articolo 1136 comma2 del Codice civile. I giudici (cassazione 5 novembre 2001 13631) avevano osservato che in mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità quale espressione dell’autonomia negoziale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente aver luogo secondo i criteri di proporzionalità fissati nell’articolo 1123 del codice civile e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi e tuttavia, in ipotesi d’effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde le somme necessarie, come non caso d’aggressione in executivis da parte di creditori del condominio, può ritenersi consentita una deliberazione assembleare con la quale, similmente a quanto avviene in un rapporto di mutuo, si tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione d’un fondo cassa ad hoc tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti, dal vincolo di solidarietà passiva operante ab esterno, alle azioni di terzi.

Con la riforma, che in tema di morosità ha accresciuto i poteri dell’amministratore, l’unanimità è tornata a essere l’unica via per approvare il fondo morosi. L’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile prevede, infatti, che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’esecuzione degli altri condomini. L’amministratore ha sei mesi di tempo, che decorrono dalla chiusura annuale dell’esercizio, per agire nei confronti dei condomini inadempienti e, senza l’autorizzazione dell’assemblea, può ottenere nei loro confronti un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. E’ necessario produrre al giudice il verbale dell’assemblea condominiale con le delibere di approvazione del bilancio consuntivo o preventivo e di eventuali spese straordinarie; i prospetti di ripartizione delle spese, nonché le eventuali diffide inviate dall’amministratore al condomino moroso. Sempre l’amministratore, in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, ma soltanto se la conformazione dell’impianto permette il distacco. L’interruzione non può riguardare i servizi essenziali, vale a dire quelli la cui mancanza possa pregiudicare il diritto costituzionale alla tutela della salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione.

Infine, riguardo alla possibilità per i condomini adempienti di recuperare le quote di spesa anticipate ai morosi, qualora questi ultimi continuino a non pagare dopo aver ricevuto il decreto ingiuntivo, l’ter legislativo prevede il pignoramento dei beni e la loro vendita all’asta. E’ compito dell’amministratore ripartire tra i condomini creditori il ricavato ottenuto dalla vendita dei beni, sempre in base ai millesimi di riferimento.

CHI PAGA LA TARGA CON I DATI DELL’AMMINISTRATORE

L’articolo 1129, comma quinto, del Codice civile, dispone che sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore, senza peraltro indicare un termine specifico. A nostro giudizio, le spese per l’apposizione della targhetta, salvo diversa pattuizione in sede di accettazione della nomina (articolo 1129, comma quattordici, del Codice Civile) può essere posta a carico del condominio, cui dovrebbe essere intestata la relativa fattura / ricevuto.

Trattandosi di spesa di non rilevante entità, essa può essere oggetto di ratifica, mediante esposizione nel rendiconto ordinario annuale, da approvarsi con un quorum, in seconda convocazione, di 333 millesimi oltre alla maggioranza degli intervenuti.

 

IMMISSIONI INTOLLERABILI: I CONTI SI FANNO CON IL DIRITTO ALLA SALUTE – ESEMPIO CASISTICHE –

Nell’ambito dei rapporti di vicinato, intendendosi per tali sia quelli fra stabili o all’interno di uno stesso edificio, si verificano spesso comportamenti degli uni che possono arrecare agli altri molestie o addirittura danni, anche alla salute. L’articolo 844 del Codice civile disciplina questi fenomeni, definiti immissioni, che sono effetti di attività compiute sulla propria proprietà, che si ripercuotono su quella del vicino.

Il codice civile

La norma stabilisce che sono vietate le immissioni che superino la normale tollerabilità e che il giudice può adottare provvedimenti per contemperare esigenze della proprietà con quelle della produzione. La norma è co collocata all’interno della disciplina della proprietà fondiaria, in particolare nei rapporti fra fondi vicini, tuttavia è stata applicata non solo nei rapporti fra edifici urbani, ma che all’interno di stabili in condominio. il vicino non deve essere necessariamente il confinante, inoltre, l’azione può essere esperita sia dal o contro il proprietario, ma anche dal o contro l’inquilino. Seppur nata come norma a difesa della proprietà, l’interpretazione evolutiva giurisprudenziale ha ritenuto che l’applicazione della norma non possa prescindere dal diritto alla salute costituzionalmente garantito (Corte di cassazione civile, sessioni Unite n. 10186/1998 e Corte di cassazione n. 5564/2010).

La normale tollerabilità

Per normale tollerabilità, si deve aver riguardo all’uomo medio e si prescinde dalla vocazione urbanistica dei luoghi (quartiere prevalentemente residenziale o industriale ), così come il preso non giustifica le immissioni intollerabili. Nel valutare la tollerabilità, il giudice potrà anche fare riferimento ai criteri indicati dalle norme pubbliche sulla salute e sull’ambiente, secondo le varie tipologie di immissioni. Tuttavia la tutela ex articolo 844 ha una sua autonomia e, pertanto, il parametro della norma pubblica è interpretato dal Giudice civile come un limite minimo, non è detto alla tollerabilità, nei termini ritenuti dalla norma del Codice civile come un limite minimo, ono è detto alla tollerabilità, nei termini ritenuti dalla norma del Codice civile. In riferimento all’equo contemperamento delle esigenze della proprietà e della produzione, questa è intesa in senso ampio, non solo attività industriali anche di servizi commerciali e simili. Si tratta di un criterio sussidiario e facoltativo per le cosiddette immissioni intollerabili inevitabili, purchè non pregiudizievoli per la salute. Il contemperamento deve essere volto a far rientrare le immissioni nella normale tollerabilità, disponendo anche modifiche strutturali del bene, quali misure atte a contenere le immissioni nei limiti, magari riconoscendo un indennizzo in favore del soggetto che subisce le immissioni. Se ciò non fosse possibile, e permanesse l’intollerabilità, il giudice dovrà totalmente inibirle e anche, se richiesto, riconoscere il risarcimento del danno.

Il ruolo del perito

Nel giudizio intentato contro colui che causa le immissioni, la prova della loro intollerabilità potrà essere fornita anche da testimoni, in particolare la prova relativa alle condizioni di utilizzo del bene. Sicuramente, però, la consulenza tecnica d’ufficio appare strumento assai rilevante per stabilire la tollerabilità o meno delle immissioni, nonché l’eventuale diminuzione del valore del bene immobile vicino a quello da dove provengono le immissioni, nonché l’eventuale diminuzione del valore del bene immobile vicino a quello da dove provengono le immissioni, o ove ricorra il caso, per stabilire il danno alla salute di colui che le subisce. La domanda ex articolo 844 del Codice civile sarà competenza del tribunale quando il convenuto esercita un’attività di tipo produttivo (che, come sopra detto, va intesa in senso ampio) che provoca le immissioni, anche se posta all’interno del complesso condominiale. Diversamente, se la controversia riguarda rapporti fra vicini, proprietari o detentori (inquilini) di immobili adibiti a civili abitazioni (sia fra condomini in uno stesso edificio, sia fra proprietari in stabili diversi) l’articolo 7 comma 3 n.3 attribuisce la competenza al giudice di pace, qualunque ne sia il valore. Questi, pertanto, si occuperà sia dell’azione inibitoria che dell’azione di risarcimento del danno (cassazione civile n. 7330/2015) Si ritornerà alla competenza del tribunale nel caso in cui l’azione promossa seppur nel caso sopra indicato, si basi sulla violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale, che vieti alcune attività moleste per la quiete e la tranquillità degli altri condomini. In tale ipotesi, non sarà necessario stabilire se le immissioni siano intollerabili, ma se l’attività espletata sia quella vietata dal regolamento che può imporre limiti al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelli stabilita dalla disciplina sulla proprietà fondiaria, ove è collocato l’ articolo 844 del Codice civile.

CASISTICHE

 

LA CALDAIA:

Il caso

Il vicino del piano di sotto ha una caldaia collegata ad una canna fumaria che, circa un anno fa, si è fessurata, provocando a mio danno intense immissioni di fumi che si sono protratte per qualche giorno fino alla sua riparazione, con grave disagio anche alla salute mia e dei miei familiari. Posso ancora agire?

La soluzione

La tutela ex articolo 844 contro le immissioni di fumo, rumori, odori può essere invocata quando le sesse abbiano un carattere continuativo e periodico e quindi una certa frequenza e ripetitività nel tempo. Diversamente se si tratta di episodi isolati e circoscritti, e non più in essere da tempo, difettano del requisito dell’attualità di una situazione di intollerabilità.

I FUMI DELLA PIZZERIA:

Il caso

Gestisco una pizzeria e sono in lite giudiziaria con il mio condominio, che lamenta immissioni di fumi e odori provocati dalla mia attività. Ho sistemato la mia canne fumaria, ma la lite è continuata, anche se le immissioni sono diminuite. Il consulente tecnico d’ufficio, nella sua relazione non ha considerato questi miei interventi e ha ritenuto le immissioni intollerabili. Dovrò intervenire ancora?

La soluzione

L’adozione di accorgimenti tecnici da parte dell’autore delle immissioni, per ridurle, effettata durante la causa, dovrà essere valutata per stabilire il livello di tollerabilità delle stesse. In caso di diminuzione dell’intollerabilità, si dovrà tener conto delle misure già adottate nell’indicazioni di eventuali e ulteriori accorgimenti tecnici per ricondurre a tollerabilità le immissioni.

LA DENUNCIA PENALE:

Il caso

Dal piano sottostante la mia proprietà in condominio, ogni giorno, ripetutamente, si propagano urli e forti rumori di porte che sbattano. Dopo aver subito per anni questi persistenti comportamenti dei miei vicini, maleducati e litigiosi, ho presentato denuncia penale per disturbo delle occupazioni e riposo delle persone. Ho speranza di far cessare tutto ciò?

La soluzione

La tutela penale per il disturbo e la molestia alle persone è contenuta nell’articolo 659 1 comma del codice penale, che persegue la finalità di preservare la quiete e la tranquillità pubblica e i diritti delle persone all’occupazione e al riposo. La norma riguarda la tutela di un numero indeterminato di persone e non può essere applicata a chi arrechi disturbo sono ai vicini di casa.

IL GIUDICE CIVILE:

Il caso

L’ascensore del mio stabile in condominio provoca delle intense immissioni acustiche durante il funzionamento. Queste sono state misurate, ma rientrano nei limiti stabiliti dal Dpcm 1 marzo 1991, per cui non sono state eliminate, Nonostante le conclusioni del tecnico incaricato dal condominio, vorrei agire in giudizio. Sarebbe una causa persa?

La soluzione

I parametri fissati dalle norme speciali per la tutela dell’ambiente, di rilevanza pubblica, per giurisprudenza costante, possono essere considerati criteri minimali di partenza, al fini di stabilire l’intollerabilità delle immissioni che li accedano, ma non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile, che può ritenere intollerabili anche immissioni che non superino quei limiti.

LA ZONA RUMOROSA:

Il caso

Il condominio nel quale abito si trova in una zona cittadina tutt’altro che silenziosa, per la presenza di varie attività produttive fra le quali un’officina, dalla quale si propagano immissioni di rumore intollerabili. Alle mie contestazioni, il gesto dell’officina ha replicato che tutta la zona è rumorosa. Ha ragione?

La soluzione

Il limite della tollerabilità delle immissioni rumorose non può prescindere dal rumore di fondo della zona dove si trova la fonte delle immissioni stesse. Si dovrà cioè prendere in considerazione la fascia di rumore costante sulla quale vengono ad innestarsi i rumo denunciati come immissioni intollerabili ai sensi dell’ articolo 844 del Codice civile.

L’ACQUA DAL TERRAZZO:

Il caso

Il proprietario del piano sovrastante il mio appartamento compie frequentemente ripetuti ed abbondanti lavaggi del proprio terrazzo  e innaffia le piante provocando continue percolazioni e ricadute di acqua e terriccio a danno della mio proprietà. Posso rivolgermi al giudice per essere tutelato?

La soluzione

In caso di immissioni continuative, costituite da percolazioni e ricadute di acqua e terra sul piano sottostante, sarà possibile rivolgersi al Giudice di pace, competente in materia di immissioni fra civili abitazioni per chiedere di condannare l’attore dell’ immissione ad adottare tutti gli accorgimenti idonei a evitare la situazione pregiudizievole.

L’ABBAIARE DEL CANE:

Il caso

La mia vicina di casa tiene nel suo appartamento un cane di taglia grossa che, rimanendo tutto il giorno da solo e spesso anche di notte, abbaia in continuazione. Alle mie proteste, la condomina ha replicato dicendo che in forza della riforma del condominio tenere animali domestici è un suo diritto. Posso fare qualcosa per tutelarmi.

La soluzione

L ‘abbaiare del cane, se continuativo, può essere considerato immissione che supera la tollerabilità. Dopo la riforma del condominio, i regolamenti non possono vietare la presenza di animali domestici: Ciò non può significare però la compressione del diritto degli altri condomini alla quiete domestica, per cui dovranno essere adottati gli accorgimenti necessari per ridurre le immissioni rumorose.